Nessuno si salva da solo: per i giovani il sostegno psicologico è digitale | Cosmopolitan

Su Cosmopolitan del 6 Ottobre 2023 un'intervista a Ivana Pais sui risultati della ricerca WE-PLAT

Qui il link all'articolo: https://www.cosmopolitan.com/it/lifestyle/tecnologia/a45464516/giovani-psicologo-online-gen-z/

 

Lo diceva il titolo di un libro di Margaret Mazzantini e forse è la verità con cui giovani e adulti devono fare pace, per capire che il sostegno psicologico oggi è ancora troppo stigmatizzato. Lo è soprattutto tra i più grandi, mentre per i più giovani è argomento di dialogo quotidiano: in pochi anni sono cambiate moltissime cose grazie a device che hanno saputo abbattere confini tra persone che hanno la stessa età, che condividono passioni e che ammettono infine di avere dei bisogni.

Ecco quindi che la Gen Z ha fatto della salute mentale una delle sue battaglie trasformando un tabù in un importante argomento di confronto. Ce lo racconta Ivana Pais, sociologa e ricercatrice nell’universo in espansione delle piattaforme digitali, un vero e proprio strumento che ha saputo potenziare la rete del caregiving con start up destinate all'aiuto della persona. Di questo si parlerà all'incontro organizzato per la Milano Digital Week lunedì 9 ottobre dalle 17.30 presso la Fondazione Eni Enrico Matteinoi ci siamo fatte dare qualche preview degli argomenti trattati, ed ecco cosa ci ha raccontato su giovani e digitale.

"Servizi di cura e competenze digitali", di cosa si parlerà all'incontro di lunedì?

«Negli ultimi anni, dopo e durante il Covid, sono esplose di fatto moltissime nuove piattaforme digitali finalizzate all'aiuto della persona. Da un lato si sono sviluppati nuovi modi di fornire un servizio agli utenti, nel senso che sono cambiate proprio le forme di aiuto come nel caso della consulenza psicologica online; dall'altro lato ci sono poi delle vere e proprie start-up nate in questi anni per erogare questo tipo di servizi esclusivamente sul digitale. Questo significa che cambiano le competenze digitali dei professionisti, che si devono rendere sempre più appetibili sui portali, con profili studiati per avere anche più interazioni con l'utente, che a loro volta ne fanno un utilizzo diverso in base alle competenze che hanno».

Il digitale ha facilitato l'accesso a servizi di aiuto?

«Ha proprio cambiato la dinamica. Lato professionista: prima c'era lo psicologo libero professionista che lavorava in uno studio proprio o condiviso, con importanti spese di affitto da sostenere, soprattutto nelle grandi città. Questo era il modello prevalente. Ora la più grande start-up di psicologi online dà lavoro a più di 3mila professionisti in Italia. Sono grandi organizzazioni, si crea una forma organizzativa con struttura gerarchica, con un supervisore e possibilità di confronto. È un modo di lavorare diverso da quello a cui erano abituati, per i professionisti. Per il paziente, invece, il digitale e l'abbattimento dei costi, sommato al bisogno di sostegno psicologico emerso durante la pandemia, hanno avvicinato persone che prima non avrebbero immaginato di fruirne».

Forse è anche caduto un po' lo stigma che c'era intorno alla salute mentale.

«Sì, le piattaforme digitali e il Covid sono capitati in un momento in cui si è iniziato a parlare di benessere psicologico senza filtri. Forse è stato un caso, ma tutti questi fattori insieme hanno permesso un allargamento della rete di utenti che in grandissima parte sono giovani, proprio perché sono le nuove generazioni che hanno fatto cadere il tabù e che non hanno paura di affrontare il tema. Dall'altra parte, poi, la consulenza psicologica online ha permesso anche a chi questo stigma lo mantiene ancora, di preservare una riservatezza che, soprattutto nei piccoli paesi di provincia, si mantiene con difficoltà: se entro in uno studio magari vengo riconosciuta. Con i colloqui online questo non accade».

Anche nel resto d'Europa si assiste a questo fenomeno di utilizzo di piattaforme di consulenza psicologica online?

«Sì e abbiamo scoperto, per esempio, che in molte università del Nord Europa, nello specifico in alcune università anglosassoni, si sono diffuse addirittura piattaforme di supporto tra pari, gruppi di mutuo aiuto in cui in forma anonima gli studenti possono confrontarsi con altri studenti per parlare dei propri problemi, per avere un sostegno di base. Sono piattaforme monitorate da professionisti che hanno sempre il controllo di quello che succede, che possono intervenire in qualsiasi momento e indirizzare il giovane ad uno psicologo specializzato, se necessario. Ma è un importante livello intermedio tra il non parlarne con nessuno (non tutti hanno una rete di amicizie forte con cui confrontarsi), e parlare con uno psicologo, in alcuni casi è sufficiente un confronto tra persone della stessa età per non sentirsi soli o per capire che lo stesso problema è condiviso anche da altri ragazzi. Noi ci stiamo interrogando molto sul perché in Italia questo modello non abbia (ancora) preso piede: sarà un discorso culturale, sarà che rispetto al contesto anglosassone noi abbiamo una concezione diversa del nostro benessere e ancora fatichiamo a decidere di prenderci cura di noi stessi. Tendiamo anche ad aver paura di metterci nelle mani sbagliate, e questo inibisce delle forme genuine di mutuo soccorso, che possono essere di grande aiuto».

Tu che lavori con i giovani tutti i giorni in università, come interpreti il loro rapporto con il digitale?

«Percepisco una forte polarizzazione tra loro: anche all'interno di gruppi di giovani privilegiati (il campione è un target di under 25 che frequentano un'università privata) la capacità di utilizzo del digitale e delle risorse rafforza le differenze tra loro. Gli studenti che sanno usare gli strumenti volano molto più alto rispetto ai bravi studenti della mia generazione, perché hanno a disposizione strumenti che permettono loro di approfondire temi come noi non avremo mai potuto. Questo però sottolinea la differenza nei confronti di chi invece è più passivo e meno proattivo nell'utilizzo di alcuni strumenti».

La Milano Digital Week vuole sostenere una transizione digitale che sia il più sostenibile possibile. Pensi che stiamo andando nella direzione giusta?

«Una questione che mi piace sempre sottolineare è l'attenzione alla sostenibilità ambientale del digitale. C'è un po' questa idea che essendo immateriale non inquini, un oscuramento per cui la dimensione digitale non ci fa vedere l'infrastruttura materiale che invece sostiene il digitale. Si dà sempre per scontato che il digitale sia sostenibile per natura, in realtà hanno un impatto ambientale molto importante. I miei studenti per esempio sono molto affascinati dalle piattaforme di scambio di oggetti peer to peer, quelle app su cui puoi noleggiare i vestiti, risparmiando moltissimo. Ma non bisogna dimenticare che questi abiti vanno trasportati da un utente all'altro, il trasporto dell'oggetto è un'operazione complicata e non esattamente ecologica».


Amazon, Airbnb e le altre: le piattaforme ci stanno cambiando la vita. In meglio? | Repubblica degli Stagisti

Il nuovo episodio del podcast della Repubblica degli Stagista ha come protagonista Ivana Pais che presenta i risultati della ricerca WE-PLAT.

Qui il link all'articolo: https://repubblicadeglistagisti.it/article/lavoreremo-ancora-come-le-tecnologie-informatiche-influenzeranno-loccupazione

Booking, TripAdvisor, Airbnb, chi non li usa? Negli ultimi anni si è sviluppata una vera e propria economia sulle piattaforme. Ma ci ha migliorato la vita? In questo nuovo episodio del podcast della Repubblica degli Stagisti, registrato live all'università Cattolica di Milano, ne parliamo con Ivana Pais, professoressa ordinaria di Sociologia economica proprio alla Cattolica. «Per alcuni l'ha migliorata molto, e per altri invece no» risponde: «Ha rafforzato delle differenze che ci sono all'interno della nostra società. L'utilizzo del digitale sta aiutando alcuni a correre molto veloci, e altri invece rischiano di avere difficoltà a tenere il passo».

Le piattaforme digitali sono una maniera di acquistare beni e servizi che prima della pandemia riguardava prevalentemente le persone giovani ma «con il lockdown tutti abbiamo imparato, chi più chi meno, e per finalità diverse, a usare questi strumenti». Le «grandi resistenze» dei più anziani sono state spazzate via dalla costrizioni dei vari lockdown: adesso per tutti «resta nella nostra quotidianità: diventa un'alternativa che possiamo prendere in considerazione nelle nostre scelte quotidiane».

Da un punto di vista accademico, la "Platform economy" è l'evoluzione della "Sharing economy", che Pais ha cominciato a studiare molti anni fa. Ma la Sharing economy, partita durante un momento di forte crisi economica mondiale, si fondava su un principio forse visionario, e sulla spinta a trovare «un modo diverso di interpretare l'economia: la prima versione di queste piattaforme consentiva di esplorare delle possibilità nuove tra cui lo scambio tra pari, in un'ottica di attenzione alla sostenibilità ambientale e di economia circolare». Insomma una economia «collaborativa e di condivisione». Da lì i siti per ospitare sconosciuti sul divano ci casa propria, condividere viaggi in auto e così via. L'idea era quella di «utilizzare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per creare un'economia e una società migliore». Ma questa sharing economy «è durata pochi anni», scherza la docente, presto soppiantata dalla meno idealista platform economy, perché «i criteri di sostenibilità economica hanno avuto la meglio su quelli di sostenibilità sociale: la storia dell'economica collaborativa è interessante anche per il suo fallimento, perché il fallimento ci dice qualcosa».

Le piattaforme sono generalmente aperte a tutti, e i fruitori possono valutare il servizio ricevuto. Questo crea dei mutamenti nelle gerarchie aziendali: il controllo sulla performance del lavoratore, per esempio «oggi viene esercitato dal cliente finale, consapevolmente o inconsapevolmente» spiega Pais, raccontando il «caso-limite» di Amazon Echo Show, attraverso cui le persone controllano con una telecamera «i fattorini che consegnano i pacchi dell'e-commerce e del delivery» sull'uscio di casa (e postano online, arrabbiati, i video di quelli che buttano le scatole senza cura).

Un aspetto controverso delle piattaforme è la qualità del lavoro che offrono: è caso per esempio dei riders, pagati (poco) per andare in bicicletta  a ritirare il cibo in pizzerie e ristoranti e poi consegnarlo a casa dei clienti, senza però essere assunti dalle piattaforme che abilitano questo servizio (e che ci guadagnano sopra una percentuale). E qui si staglia un confronto con il passato: una volta, «nelle situazioni in cui c'erano condizioni di lavoro molto dure e anche molto ingiuste, le regole del gioco però erano note: la modalità di organizzazione del lavoro era conosciuta» dice Pais, ricordando la catena di montaggio immortalata da Charlie Chaplin nel suo capolavoro "Tempi Moderni": e così non era difficile «mettere in atto delle azioni collettive per rivendicare il giusto trattamento dei lavoratori».

stage lavoro Ivana PaisOggi invece spesso le «regole di funzionamento non vengono comunicate al lavoratore stesso»; le piattaforme si giustificano dicendo che «sapendo come funziona l'algoritmo che regola il gioco, a quel punto i lavoratori potrebbero mettere in atto comportamenti opportunistici per avere dei vantaggi». Tanto che sono spuntati molti gruppi online in cui i lavoratori si scambiano informazioni sul funzionamento dell'algoritmo della piattaforma per la quale lavorano.

È dunque ingenuo credere che le piattaforme siano "neutre": «Il potere resta centralizzato: ci sono piattaforme in cui quando un operatore scende sotto una certa soglia reputazionale viene in automatico scollegato», che è un po' l'equivalente di essere licenziato. Torna alla mente una celebre puntata di Black Mirror, "Nosedive", andata in onda per la prima volta nell'ormai lontano 2016 e sempre più attuale.

In qualità di principal investigator della ricerca "WePlat – Welfare Systems in the Age of Platforms", Pais col suo gruppo di ricerca ha individuato 127 piattaforme operanti in Italia: 55 nel settore salute, 8 nell’educazione e cura dell’infanzia, 6 nell’assistenza sociosanitaria e 58 trasversali ad almeno due di questi ambiti.

«Questa ricerca nasce dal fatto che l'attenzione pubblica e la ricerca accademica sono molto focalizzate esclusivamente sui riders: pare che sia l'unica attività che viene svolta attraverso piattaforma digitale!» esclama Pais: ma invece sono innumerevoli i servizi che possono essere gestiti e forniti tramite piattaforma. E, per dire, le persone che fanno pulizie domestiche attraverso piattaforma sono più numerose dei riders (che in effetti sono solo 15-20mila in tutta Italia) – o quantomeno lo erano prima della pandemia. Eppure non ne parla nessuno. WePlat prova ad approfondire il fenomeno a partire dalle piattaforme che forniscono «servizi essenziali», con l'obiettivo di «individuare modelli di piattaforma che offrano delle opportunità». Certo, «il rider ci lascia la pizza sulla porta di casa», e anche quello è utile: ma, sottolinea Pais, oggi attraverso piattaforma si trovano anche badanti, babysitter, persone che «entrano nell'intimità di casa nostra» e che si prendono cura «della nostra salute fisica e mentale: in gioco c'è ben altro» che la pizza, «ed è molto più interessante». La ricerca indaga le dinamiche che si innescano quando questi servizi «vengono intermediati online anziché attraverso i canali tradizionali».

E per chi sogna di inventarsi lanciare la prossima piattaforma "sbancatutto", andandosi ad aggiungere al gotha dei "nerd geniali" come per esempio Danila De Stefano di Unobravo, Pais ricorda che «ormai sappiamo che l'idea conta, ma l'implementazione poi conta di più»: insomma l'intuizione geniale serve, ma non basta.

La fondatrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina esplora con Ivana Pais anche la condizione "ibrida" di coloro che usano le piattaforme per per esempio per affittare i propri appartamenti, o vendere vestiti o oggetti usati. «Noi chiamiamo queste persone pro-am, professionisti amatoriali: persone che fanno un'attività non per professione, però al tempo stesso vogliono essere valutati secondo criteri professionali» dice Pais; un altro modo di chiamarli è «slash workers, perchè sono persone che fanno un'attività slash un'altra slash un'altra. Su LinkedIn questo aspetto si nota sempre di più: mentre prima ognuno di noi prima aveva una descrizione, un ruolo professionale, adesso invece per descrivere l'attività di chiunque ci vogliono pagine!».

Le piattaforme esercitano un fascino particolare sulle nuove generazioni native digitali, sia in qualità di clienti sia in qualità di lavoratori: «Hanno degli elementi oggettivamente interessanti: rispondono a dei bisogni e anche a dei desideri» dice Ivana Pais. Alcuni lavoratori per esempio «possono trovare delle modalità di organizzazione del lavoro che facilitano la conciliazione del lavoro con i propri tempi di vita o compiti di cura». Insomma, non bisogna fare di tutt'erba un fascio: «Se vediamo tutto come "uberizzazione" stiamo perdendo delle opportunità; se invece facciamo un lavoro più faticoso, dell'analizzare e studiare tutti i tipi di piattaforma, e non solo quelli più visibili, e poi lì dentro andiamo a studiare cosa funziona e cosa non funziona, e che elementi di protezione vanno messi in atto, sia per il lavoratore che per il cliente, allora questo può aprire delle possibilità interessanti».

E il libro del cuore di Ivana Pais? Lo trovate alla fine dell'episodio!


Il progetto WE-PLAT e le piattaforme di welfare in Italia | Padova

Martina Visentin  presenterà alcuni dei risultati della ricerca WE-PLAT  durante l'evento Smart City e la sfida del sociale. L'innovazione digitale al servizio della comunità, il giorno 6 ottobre 2023 alle ore 17:00 presso la Sala Polivalente Diego Valeri di Padova. 

Il programma completo è disponibile qui: https://www.padovanet.it/sites/default/files/attachment/SWD-Solidaria.pdf

 

 


Le piattaforme di welfare in Italia | Université Paris Est (UPEC)

Ivana Pais presenterà alcuni dei risultati della ricerca WE-PLAT  durante la Conferenza Platform workers’ right to training, il giorno 5 ottobre 2023 alle ore 11:00 presso l'Université Paris Est (UPEC) 

Il programma completo è disponibile qui: https://cepassoc.hypotheses.org/1428

 

 


EGOS 2023 (European Group for Organizational Studies) - Scientific Conference

06-08 luglio 2023, Cagliari, Italia

Sub-theme 75: The New Faces and Interfaces of Digital Platforms

Nell'ambito della conferenza, il team di ricerca di Weplat ha presentato il paper:

Platforms that create hierarchies. An institutional logics perspective in the analysis of a psychological counseling platform

Abstract:

The scholarly attention paid to platforms tend to analyze them as a homogeneous corpus. Cansoy et al. (2020) have already questioned this presumed homogeneity, analyzing the heterogeneity of workers, while management scholars have pointed out the heterogeneity of platforms’ business models (Cutolo & Kenney 2021). We intend to propose a similar approach focusing on the organizational model.
In this paper, we aim to answer the first question of the call – What strategies, practices, processes, structures, and/or business models are characteristic for which types of platform organizations? – by analyzing a still little-explored face of platforms, those matching supply and demand in the care sector, questioning the role of platform interfaces in defining the organizational models. Our hypothesis is that the platform can be analyzed as a new institutional logic, which is declined differently in the encounter with other institutional logics of a given organizational field.

Autori:

Francesco Bonifacio, Università Cattolica del Sacro Cuore

Ivana Pais, Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Qui il programma completo del convegno: LINK


Non solo rider

Sulla Newsletter della Fondazione Feltrinelli "La nostra città Futura" del 1 luglio 2023 è stata pubblicato un approfondimento su WePlat

https://o.contactlab.it/ov/2005987/8125/v73RyM3YBArPNGjCI6PLb3kjhVl4pwL%2FJdVn%2B1KbXVNAOiuVQrK2707nJ8FoqXSp

 


Global Perspectives on Platforms, Labor & Social Reproduction - Scientific Conference

27-28 giugno 2023, Amsterdam, Paesi Bassi

Global Perspectives on Platforms, Labor & Social Reproduction

Nell'ambito della conferenza, il team di ricerca di Weplat ha presentato il paper:

Professionalization and informality in platform care services. The case of Babysits

Abstract:

The rise of digital platforms in care service can be seen as a specific response to the need to maintain profitability and to contain labour costs, both through the exploitation of regulatory loophole and casualization of work. The peculiar ambiguity of the platform lies in the ability to create different regimes of visibility in historically informal markets, while producing new informalities concerning working conditions. On the other hand, scholars have argued that digital platforms engineer professionalization processes tied to their own business model. This appears particularly relevant if we consider the “difficult professionalisation” of care work, characterized by a plurality of needs which often do not correspond to formally legitimized qualifications, and where supply often exceeds demand. The case study is part of the broader research project “WePlat: Welfare systems in the age of platforms” and it is focused on the case of  Babysits, a global platform that provide child care services. Babysits uses professionalism as an organizational strategy less oriented to empower workers, than to enrol the highest number of customers. Albeit without direct imposition of formal rules, babysitters are nudged to add competencies into their public profile and to meet a normative standard based on customers reputation and other parameters (e.g. the average time of answer).However, the increased visibility of workers does not forbid the platform to continue to take advantage from informality without governing babysitters contractualization. Moreover, weak lock-in mechanisms allow users to easily exit in order to circumvent the commission retained by the platform on transactions. Outside the platform, the power asymmetry between parents and workers is strengthened in favour of the former, and informal ways of regulating pay, tasks, and working hours are even reinforced.

Autori:

Davide Arcidiacono, Università di Catania

Francesco Bonifacio, Università Cattolica del Sacro Cuore

Ivana Pais, Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Qui il programma completo del convegno: LINK


Global Perspectives on Platforms, Labor & Social Reproduction - Scientific Conference

27-28 giugno 2023, Amsterdam, Paesi Bassi

Global Perspectives on Platforms, Labor & Social Reproduction

Nell'ambito della conferenza, il team di ricerca di Weplat ha presentato il paper:

Community, platform and territorial welfare. A critical local case study

Abstract:

The impact of the platform economy on sectors such as tourism and transportation has been extensively studied over the last decade. However, the role of technology in intermediating welfare services such as social and health assistance, childcare and education, and mental and physical health received less attention (Ticona Mateescu 2018; Flanagan 2018). These platforms are often on the sidelines of the current public and academic debate on the platform and the gig economy, despite the transformations they have been implementing in the welfare sector. The welfare platforms assume a different connotation than the traditional on-demand platforms because of the peculiarities of the services they provide. In fact, these platforms could aim to become “digital platforms for the public good” (Huws 2020) by using the technological potential of the platforms and: redistribute the public resources; improve pre-existing services and develop new ones on a local level. For us, the focus of this process is on how each local context shapes the welfare areas (healthcare, ect.) and the platforms' organization, as well as the relations with public actors, third sector and citizens. This new way of welfare services supply shapes the provider/beneficiary relationship through the mediation of the platform. The user takes on multiple roles and often becomes beneficiary, user and customer at the same time (Busemeyer et al. 2022; Previtali Salvati 2021; Robeyns 2005). On the other hand, the “disembedding” process of social relations, which takes place in on-demand platforms, seems to re-configure the ties on the territory by promoting the creation of new networks between local institutions and third-sector organizations. In the welfare platform space, users can become aware of their needs, and they can try and provide a solution for themselves independently.   The contribution aims to investigate the welfare platform phenomenon focusing on WelfareX, an Italian welfare platform. WelfareX was created in 2020 and is the result of a collaboration between public administrations and Third Sector organizations.  The analysis is based on 34 qualitative interviews carried out between February and December 2022 with the creators of the platform (CEO, executive), third-sector operators, welfare managers, and users in two cities in Northern Italy (Biella and Sondrio). The paper aims to investigate the following questions:

  • What is the relationship between the welfare provider, the WelfareX platform, and the user?
  • Do the welfare platforms provide complementary or replacement services compared to the welfare services present on the territory?
  • Do the platforms implement pre-existing welfare services or are they an innovation created by new social actors?
  • Are the platforms embedded in the territory capable of creating a new organization of the welfare goods and services? Are they capable of creating new networks of public, private and third-sector actors?
  • How empowering can the local platforms providing welfare services be for the users?

The paper presents some of the results of the WEPLAT research project - Welfare systems in the age of platforms (https://www.weplat.it/) funded by Fondazione Cariplo.

Autori:

Cecilia Manzo, Università Cattolica del Sacro Cuore

Marialuisa Villani, Università di Padova

Martina Visentin, Università di Padova

 

Qui il programma completo del convegno: LINK


Piattaforme digitali di welfare: 10 apprendimenti e 10 domande aperte

Articolo di Ivana Pais e Flaviano Zandonai pubblicato su Percorsi di Secondo Welfare il 21 giugno 2023

https://www.secondowelfare.it/terzo-settore/piattaforme-digitali-di-welfare-10-apprendimenti-e-10-domande-aperte/


Approfondimenti: Piattaforme di welfare digitali e Piattaforme di welfare territoriali

Leggi gli approfondimenti dell'evento WE-PLAT Reframing scritti da Angela Correra ed Elisabetta Picariello, Corso di laurea, Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse – CIMO dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

https://fondazionefeltrinelli.it/oltre-i-rider-i-servizi-alla-persona-mediati-attraverso-piattaforma-digitale/#collapseOne